venerdì 29 ottobre 2010

AVVICINARSI ALL'ALTRO COME ALTRO

«Avvicinarsi all'altro come altro» spiega perché sia tanto difficile per noi riconoscere l'altro in quanto tale e rispettare la differenza tra noi. Siamo stati abituati a ridurre l'altro a ciò che ci è proprio o a noi stessi. Al livello della coscienza come a quello dei sentimenti, siamo stati educati a rendere nostro quel che avviciniamo o che ci viene incontro. Il nostro modo di ragionare, il nostro modo di amare consiste spesso in un'appropriazione, sia attraverso una mancanza di differenziazione o una fusione, sia attraverso una trasformazione in un oggetto, un oggetto di conoscenza o di amore, che integriamo nel nostro mondo. Ci comportiamo così in particolare con quelli che ci sono più vicini, dimenticando che sono altri, differenti da noi, ma anche con lo straniero, accolto da noi a patto che lui, o lei, accetti di essere conglobato nei nostri modi di vivere, nei nostri costumi, nel nostro mondo.
Perdiamo così l'emozione e l'arricchimento che riceviamo dall'incontro con l'altro. E spesso è solo all'inizio di un incontro che l'altro ci tocca in una maniera globale e incontrollabile. Allora il mistero che l'altro rimane per noi ci comunica un risveglio, corporeo e spirituale al contempo. Dopo perdiamo questo risveglio, persino la percezione dell'altro svanisce. L'altro è diventato una parte di noi, a meno che non l'abbiamo rigettato. L'altro deve invece stare; insieme dentro e fuori da noi, non dentro o fuori.
L'altro ha un posto nella nostra interiorità, pur rimanendo esterno, estraneo, altro da noi.
Solo così continuerà a commuoverci ed illuminarci, senza che siamo capaci di catturare o fare nostra la reale origine del nostro stato.
Irigaray  Amo a te, Bollati Boringhieri, 1993

COME CI SI INNAMORA ?

" Come ci si innamora?Si casca? Si inciampa? Si perde l'equilibrio e si cade sui marciapiedi?ci si sbuccia il ginocchio, il cuore? Ci si schianta per terra, sui sassi? O è come rimanere sospesi sull'orlo del precipizio...? So che ti amo quando ti vedo, lo so anche quando ho voglia di vederti. Non un muscolo si è mosso, nessuna brezza agita le foglie. L'aria è ferma. Ho cominciato ad amarti senza fare un solo passo. Senza neanche un battito di ciglia. Non so neppure quando è successo. Sto bruciando. Troppo banale per te? No e lo sai. Vedrai. E' quello che capita. E' quello che importa. Sto bruciando. Non mangio più, mi dimentico di mangiare, mi sembra una cosa sciocca, che non centra. I miei pensieri straripano furiosi. Mi sto innamorando? Tipica scelta sciocca. Eppure l'amore mi tormenta come fosse dolore . C'è una faccia sola, l'unica che vedo quando dormo. Quando mi sfiorano i capelli, quando sbuccio un'arancia, quando guido la macchina, quando vado a dormire ogni notte senza te, nella mia testa ci sei sempre e solo te... E, amore mio, non ti spaventare se talvolta non fosse così: non sarebbe amore se fosse sempre uguale, non sarebbe amore se non avesse dubbi, non sarebbe sincero se non fosse altalenante...invece è vivo, vero, unico. Ho paura di stare con te, amore. [...] Sostienimi quando zoppicherò perchè io lo farò con te, sempre. Fidati della mia mano che ti sorregge come io mi fiderò della tua quando non ti sopporterò e vorrò fuggire. Insieme nulla farà più paura"     
da "Lettera d'amore" di C. Schine

mercoledì 6 ottobre 2010

PERCHE' E' DIFFICILE ROMPERE CERTE RELAZIONI

Perchè, una volta iniziate, è cosi' difficile rompere queste relazioni, rinunciare al partner che ci sta trascinando nei vortici di una danza dolorosa e che ci fa star male è tanto piu' difficile quanto piu' ci ricorda i nostri struggimenti infantili.

Se si ama troppo vuol dire che si sta cercando di superare le vecchie paure, le rabbie, le frustrazioni e le sofferenze dell'infanzia, e smettere significa rinunciare a un'occasione preziosa di aver trovato sollievo e di rimediare ai torti che ci sono stati fatti.

Se queste sono le fondamenta psicologiche inconsce che rendono comprensibile la PULSIONE (IN SEGUITO SI TRASFORMA IN COMPULSIONE E COERCIZIONE A RIPETERE, SENZA RIUSCIRE A SMETTERE) a restare con lui a dispetto della sofferenza, esse rendono ben poca giustizia all'intensità dell'esperienza reale e cosciente.

Sarebbe difficile esagerare il peso del carico emotvo che questo tipo di relazioni, una volta iniziate, comportano per la donna coinvolta.

Se cerca di rompere il suo rapporto con l'uomo che ama troppo, prova una scossa tremenda, come se una corrente di Volts stesse viaggiando lungo i suoi nervi e sprizzando da tutti i loro terminali.

Risorge l'antico senso di vuoto e le turbina intorno, spingendola in fondo al pozzo dove vive ancora il suo terrore infantile di essere sola, e dove sonnecchia una sofferenza che minaccia di risvegliarsi.

Questa specie di carica, la scintilla, l'alchimia, la pulsione a stare con l'altro e a fare in modo che il rapporto funzioni, non si ritrova con la stessa intensità in relazioni piu' sane e soddisfacenti, perchè non implicano la possibilità di far quadrare i vecchi conti, di prevalere su cio' che un tempo ci opprimeva.

E' questa eccitante prospettiva di raddrizzare vecchi torti, di conquistare l'amore perduto e di ottenere l'approvazione negata, la chimica inconscia che sta dietro l'innamoramento delle donne che amano troppo.

"LA PAURA DEL DISTACCO NELL'AMORE TOSSICO" di R. NORWOOD

SOLO NOI STESSE POSSIAMO RIEMPIRE I NOSTRI VUOTI

Quando le persone (soprattutto le Donne) sopportano comportamenti (soprattutto) maschili di un certo tipo, (privi di rispetto, per esempio), esse.... sopportano. Sono "Donne che amano troppo", amano in modo malato, usano vani tentativi per salvare situazioni ben poco remunerative per loro.

Ma la chiave per spiegare il mistero del loro attaccamento devoto a questi uomini, di solito si trova nelle loro esperienze infantili.

Quasi tutti da adulti, continuiamo a comportarci secondo il ruolo che avevamo adottato nella nostra famiglia d'origine. Per molte Donne che amano troppo, spesso questo ruolo consisteva nel negare i propri bisogni personali per cercare invece di provvedere ai bisogni degli altri membri della famiglia.

Forse eravamo costrette dalle circostanze a crescere troppo in fretta, assumendo prematuramente le responsabilità di un adulto, perchè nostra madre o nostro padre erano troppo malati fisicamente o emotivamente per esercitare le funzioni di loro competenza nel modo più opportuno.

O forse la morte o il divorzio ci aveva private della presenza di uno dei genitori e noi cercavamo di riempire il vuoto, prendendoci cura sia di fratelli e sorelle, sia del genitore rimasto. Forse eravamo diventate la "mammina" di casa, mentre nostra madre lavorava per sostentare la famiglia.

O forse vivevamo con entrambi i genitori ma, poichè uno era frustrato o in collera o infelice, e l'altro non se ne curava e non mostrava alcuna comprensione, ci eravamo trovate nel ruolo di confidenti, e ascoltare i particolari dei loro rapporti ci imponeva uno stress emotivo troppo pesante. Ascoltavamo perchè avevamo paura delle conseguenze che ne avrebbe subìto il genitore infelice se non lo avessimo ascoltato, e temevamo anche di perdere il suo amore se non avessimo accettato il ruolo che ci era stato prescritto.

Così non potevamo difenderci, e neppure i nostri genitori ci proteggevano, perchè avevano bisogno di credere che fossimo più forti di quanto eravamo in realtà. Anche se eravamo troppo immature per questo compito, abbiamo finito per occuparci noi di proteggere loro. QUESTO ERA ACCADUTO QUANDO ERAVAMO TALMENTE GIOVANI CHE ABBIAMO IMPARATO A PRENDERCI CURA DI CHIUNQUE, MA NON DI NOI STESSE.

I nostri bisogni d'amore, attenzione, affetto e sicurezza erano ignorati, mentre facevamo finta di essere più forti e meno intimorite, più adulte e meno bisognose di quanto ci sentissimo in realtà.

E, avendo imparato a NEGARE IL NOSTRO BISOGNO DISPERATO di avere qualcuno che avesse cura di noi, da grandi abbiamo cercato altre occasioni per fare quello che avevamo imparato tanto bene: preoccuparci dei desideri e delle esigenze di qualcun altro, invece di riconoscere la nostra paura, il nostro dolore, i nostri bisogni ignorati.

Abbiamo finto per tanto tempo di essere adulte, chiedendo così poco e dando così tanto, che ormai sembra troppo tardi perchè possa venire il nostro turno di ricevere le attenzioni che non abbiamo mai avuto.

Così, continuiamo ad aiutare e aiutare, e a sperare che la nostra paura scompaia e che la nostra ricompensa sarà l'amore.

Ma solo noi stesse, potremo riempire questi vuoti, nessun altro, perchè se non si sana questa ferita, nessun altro, lo potrà fare.

"IL BISOGNO DI SENTIRSI NECESSARIA"di R.NORWOOD

lunedì 26 aprile 2010

TROVARE L'UOMO GIUSTO

- Lo sai perché mi sono innamorata?
- Dillo, ti supplico.
- Perché lui ha trovato il modo giusto per farmi innamorare.
- E tu vuoi che l'uomo che ami ti protegga e abbia cura di te...
- Certo.
- Vuoi che questo forte, ruggente e possente guerriero costruisca una fortezza dove puoi rifugiarti, in modo che tu non debba mai aver paura, non debba mai sentirti sola, non debba sentirti esclusa... È questo che cerchi, vero?
- Sì.
- Non lo troverai mai.
- Ma io l'ho già trovato.
- Be', non passerà molto che si costruirà lui una fortezza per sé, fatta con le tue tette, con la tua vagina, il tuo sorriso, il tuo odore... Una fortezza dove lui si sentirà al sicuro e così stupidamente virile che vorrà la tua riconoscenza sull'altare del suo c***o.
- Io l'ho trovato quest'uomo.
- No, tu sei sola, sei tutta sola, e non potrai liberarti di questa sensazione di completa solitudine finché non guarderai la morte in faccia. E poi neanche: guarda, questa non è che una stronzata romantica... Finché non sarai capace di guardare nella morte, nel buco del suo c**o, sprofondando in un abisso di paura. E allora forse, solamente allora forse riuscirai a trovarlo.
DAL FILM ULTIMO TANGO A PARIGI

mercoledì 10 marzo 2010

IL CUORE HA LE SUE RAGIONI

144. Noi conosciamo la Verità non soltanto con la ragione, ma anche con il cuore. In quest'ultimo modo conosciamo i princípi primi; e invano il ragionamento, che non vi ha parte, cerca d'impugnare la certezza. I pirroniani, che non mirano ad altro, vi si adoperano inutilmente. Noi, pur essendo incapaci di darne giustificazione razionale, sappiamo di non sognare; e quell'incapacità serve solo a dimostrare la debolezza della nostra ragione, e non come essi pretendono, l'incertezza di tutte le nostre conoscenze. Infatti, la cognizione dei primi princípi - come l'esistenza dello spazio, del tempo, del movimento, dei numeri -, è altrettanto salda di qualsiasi di quelle procurateci dal ragionamento. E su queste conoscenze del cuore e dell'istinto deve appoggiarsi la ragione, e fondarvi tutta la sua attività discorsiva. (Il cuore sente che lo spazio ha tre dimensioni e che i numeri sono infiniti; e la ragione poi dimostra che non ci sono due numeri quadrati l'uno dei quali sia doppio dell'altro. I princípi si sentono, le proposizioni si dimostrano, e il tutto con certezza, sebbene per differenti vie). Ed è altrettanto inutile e ridicolo che la ragione domandi al cuore prove dei suoi primi princípi, per darvi il proprio consenso, quanto sarebbe ridicolo che il cuore chiedesse alla ragione un sentimento di tutte le proposizioni che essa dimostra, per indursi ad accettarle.

Questa impotenza deve, dunque, servire solamente a umiliare la ragione, che vorrebbe tutto giudicare, e non a impugnare la nostra certezza, come se solo la ragione fosse capace d'istruirci. Piacesse a Dio, che, all'opposto, non ne avessimo mai bisogno e conoscessimo ogni cosa per istinto e per sentimento! Ma la natura ci ha ricusato un tal dono; essa, per contro, ci ha dato solo pochissime cognizioni di questa specie; tutte le altre si possono acquistare solo per mezzo del ragionamento.

Ecco perché coloro ai quali Dio ha dato la religione per sentimento del cuore sono ben fortunati e ben legittimamente persuasi. Ma a coloro che non l'hanno, noi possiamo darla solo per mezzo del ragionamento, in attesa che Dio la doni loro per sentimento del cuore: senza di che la fede è puramente umana, e inutile per la salvezza.

146. Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce: lo si osserva in mille cose. Io sostengo che il cuore ama naturalmente l'Essere universale, e naturalmente se medesimo, secondo che si volge verso di lui o verso di sé; e che s'indurisce contro l'uno o contro l'altro per propria elezione. Voi avete respinto l'uno e conservato l'altro: amate forse voi stessi per ragione?

(B. Pascal, Pensieri, a cura di P. Serini, Einaudi, Torino, 1967, pagg. 58-59)