Siamo stati abituati a classificare la realtà con una terminologia semplicistica ed univoca e a considerare l'amore soltanto come il luogo dell'estasi,della pacificazione,della totale comprensione;e la morte un'eterna nemica,testimone di uno scacco infinito,prova dell'assurdo che regola l'intero ciclo delle esistenze. E,sempre in questa prospettiva che con il tempo scopriamo angusta e inadeguata,i sentimenti non possono che dividersi in buoni e cattivi.
Stando così le cose,le azioni sarebbero sufficienti a fornirci la misura di un essere umano e la superficie delle parole basterebbe a darci la comprensione della voce che le pronuncia.
In questa giostra dei luoghi comuni e delle rassicuranti univocità,si colloca il sentimento amoroso che,inaspettatamente,spicca tra gli altri e se ne distingue.Senza dubbio vi è qualcosa di incomprensibile nell'esperienzaamorosa; l'oggetto del desiderio non si lascia ridurre,esaurire,banalizzare nel rapporto.
Nel momento in cui si incontra questa dimensione,tutto il mondo,che ci sembrava familiare,d'un tratto assume una diversa fisionomia.Il cambiamento maggiore avviene nel nostro modo di "sentire"le cose della vita:noi vediamo con occhi diversi.
Quando amiamo,l'energia che ci pervade deriva da nuove forze che ci conducono in una dimensione estranea,diversa da quella dei periodi in cui non amiamo.
E nessuno può amare pensando che quell'amore finisca,nessuno può amare pensando di morire o che quella esperienza sia limitata nel tempo.
Ecco perché è profondamente giustificata,allorché quel rapporto si spezza, la nostalgia,la sofferenza per qualcosa che è andato davvero perduto,in quanto nessun nuovo incontro potrà ridare vita a quella realtà.La sofferenza vera la conosciamo soprattutto in queste circostanze,è una scoperta,una rivelazione:
ora sappiamo che è l'unica cosa certa e pensiamo che essa non possa avere termine, esattamente come fino a poco tempo prima pensavamo che non potesse finire l'amore.
Qualcuno potrebbe rimproverarci dicendoci che avremmo dovuto prevedere la fine del sentimento,ma come avremmo mai potuto saperlo o immaginarlo?Non potremmo amare se lo sapessimo,se soltanto ipotizzassimo la caducità dell'esperienza amorosa.Con tutte le nostre forze,invece,nel momento in cui transitiamo per questa esperienza dobbiamo avere il coraggio di illuderci.
Penso che non esista età che non ci permetta di illuderci,perché è la struttura stessa di questo sentimento che suggerisce la sensazione dell'eternità.Basti solamente pensare ai ricordi,alla possibilità di rievocare i momenti lieti e di provare nuovamente,sia pure attutita dalla lontananza nel tempo e nello spazio,quella pienezza interiore che la persona amata sapeva regalarci,per avere una prova che nessun amore è mai stato inutile,dal momento che ci ha lasciato questa piccola ma preziosa rendita sentimentale.
Ma soprattutto,per quanto rancore possiamo sentire verso la persona che ci ha
causato tanta sofferenza,dobbiamo riconoscere che quel rapporto finito sia ancora presente in noi,in quello che ha fatto di noi, nel nostro essere cresciuti, maturati,trasformati.
E' vero,la fine di quella relazione ha comportato il prendere atto della nostra incompletezza;e questo è un vissuto doloroso,perché ci inchioda all'inadeguatezza,all'impossibilità di sentirci pieni e di essere inseriti nella dimensione dell'eterno senza una persona accanto.
Ma è anche,in assoluto,una conquista;e va ascritto a merito dell'amore questo farci vivere in prima persona il senso della nostra imperfezione che,come sappiamo,la rottura del rapporto ci ripropone.
Si potrebbe parlare di crudeltà dell'esistenza,ma nel momento in cui siamo testimoni e succubi di una devastazione interiore,la vita ci offre una chance che non dobbiamo lasciarci sfuggire:noi dobbiamo andare sino in fondo a questo vissuto,perché si tratta di uno di quei momenti che ci fanno capire, che ci fanno realmente conoscere chi siamo.
ALDO CAROTENUTO
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EROS E PATHOS
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