domenica 19 agosto 2012

LE MENZOGNE IN AMORE


Mi avresti amata lo stesso se non fosse stato il filtro a mostrarmi bella e desiderabile ai tuoi occhi? Mi avresti creduta se quando sussurravo il tuo nome piano mentre mi stringevi fra le braccia, fossi stata in pred
a all’ebbrezza del vino?
Tu sai che non è stato il vino. Il vino non ubriaca abbastanza. Non è stato il filtro.

Nessun filtro, nessun veleno è senza antidoto. Siamo caduti l’uno addosso all’altro con la consapevolezza e la volontà.
Tu sai come lo so io che abbiamo amato in pochi momenti rubati più di quanto sia possibile amare in una vita intera.
Non potete vedere, perché siete voi le vittime dell’inganno. Avete bevuto la nostra bugia, noi non bevemmo nessun filtro d’amore.
Lo devo ai tuoi ricci scuri, alla curva perfetta del tuo gomito quando mi stringe la vita, lo devo a chi ha voglia di sapere come è andata davvero la storia.
Non come viene raccontata nel melodramma, no. Quella è solo metà della storia, raccontata per salvare le apparenze e la decenza.
Siamo sempre stati lucidi. Abbiamo sempre saputo quello che stava accadendo. E non volevamo impedirlo, no, per niente al mondo.
Ascoltate, ascoltate questa storia che non c’è nel melodramma, ma che è successa davvero: della capacità di due amanti di ingannare senza però raccontare nemmeno una bugia.
Mio marito sapeva tutto. Per questo venni convocata quel giorno a giurare davanti al mondo, al bosco e a Dio.

Il mio Tristano aspettava, coperto di stracci e camuffato in viso, per fornirmi la colpa e la salvezza, sul ciglio della strada, dove la pioggia aveva allagato il passaggio.
Si avvicina a me, il mio Tristano mendicante, e mi prende in spalla come gesto di rispetto per la sua sovrana. Davanti allo sguardo compiaciuto di mio marito, e con la sua approvazione, si inginocchia davanti a me.

Gli monto in spalla, mi guada attraverso il fango della carreggiata. Arrossisco.Chi ha voluto interpretare il mio rossore come un segno di pudore è complice dell’inganno.
Quando mi verrà chiesto di giurare, in tutta onestà potrò dire di non aver mai avuto tra le mie cosce nessun altro uomo se non mio marito e quel mendicante che mi ha aiutato ad attraversare la pozzanghera.
Ora che tu non ci sei, non c’è più la menzogna e non c’è più la verità.

E non voglio esserci più nemmeno io.
Ma in un mondo che chiede giuramenti e promesse come rassicurazioni, ha senso davvero parlare di amore?

Tra persone che giustificano i propri atti con la scusa del vino, del filtro, dell’ebbrezza, ha senso davvero parlare di verità?
A chi vuole credere che il nostro amore fosse così forte perché creato da un incantesimo io non posso che augurare di provare un giorno, un amore così vero che non ha bisogno di nessuna giustificazione per esistere, se non se stesso.
A chi ha bisogno di promesse e giuramenti per esser certo dell’amore del proprio amato, io non posso che augurare di essere sempre ingannato, ma con la dolcezza e l’attenzione con cui siamo stati in grado di ingannare noi.
Perché chi chiede una promessa sta chiedendo di essere ingannato.
(Queste onde, questa melodia: devo ascoltarle? devo berle? aspirarle, svanire in esse, esalare e fondermi con essere e farmi onda, vapore e melodia io stessa?)
Ed ora che tu non ci sei, non c’è più il motivo dell’inganno e non c’è più ragione di nessuna verità.

Qualunque cosa noi vogliamo chiamare verità svanisce, resta solo il fatto che più che l’un l’altro abbiamo amato il nostro amore. Ed ora che non ci sei più io restituisco la mia vita e tutto il mio amore ed ogni pensiero ed ogni resistenza all’ultima, unica, verità:“Nel flusso ondeggiante, nella risonante armonia, annegare, inabissarmi nel respiro del mondo”.

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